di Antonella Danzo
foto di Giulia Panizzon
(tempo di lettura 5 minuti)

Isola di Sant’Erasmo- Laguna di Venezia
27 febbraio 2021. Il covid non sembra dare tregua.
Da un paio di giorni le temperature sembrano catapultarci direttamente a primavera.
Colgo questa unica e rara occasione per visitare assieme a mia figlia, improvvisata reporter fotografica, una delle isole della Laguna di Venezia: S. Erasmo.
Ad attirare la mia attenzione è l’unica cantina in cui si produce vino a Venezia: un vino bianco che riassume l’essenza stessa di questo speciale territorio isolano, che non manca di lasciare un alone di curiosità e fascino.

Scendendo dal vaporetto a S.Erasmo ci incamminiamo per una stradina in mezzo ad una natura pacifica e incontaminata. Il sole splende, ma un vento di Bora ci prende all’arrivo ricordandoci che l’inverno non è ancora finito.
La vegetazione non è ancora verde, ma piuttosto secca; i profumi salmastri e iodati della brezza marina circondano l’isola e ci accompagnano lungo il breve percorso che a piedi ci conduce all’entrata della tenuta.

Circondata dai piccoli alberi di vite, che mostrano ancora la stanchezza di questo inverno, l’antica casa padronale mantiene intatto il suo fascino senza tempo.
Notiamo gli animali da cortile che allegramente circolano vicino all’entrata, le grandi bottiglie in vetro verde allineate, le file di lucine appese ai fili, gli stemmi con il logo di Orto, i tavoli di legno per le degustazioni all’aperto. Allarghiamo lo sguardo e si notano altre coltivazioni che scopro essere i famosi carciofi veneziani. Sono le cosiddette “castraure” ed il carciofo violetto di S. Erasmo, famosi in tutta l’Italia e molto pregiati.
S. Erasmo infatti è un’isola della laguna veneziana che per secoli ha fornito verdura e ortaggi freschi alla città di Venezia sin dai tempi della Serenissima.

Ci accoglie puntualissimo Monsieur Michel Toulouze proprietario e grande uomo d’affari.
Come sia nato l’amore di un francese per questo territorio lagunare un po’ nascosto è sicuramente stata la mia prima curiosità.
Monsieur Michel Toulouze, alla fine degli anni ’90 trovandosi di passaggio nella laguna veneziana, venne colpito da questo vecchio casale e dai terreni contigui; decide di acquistarli nel 2000 pronto a far coltivare i suoi 4,5 ettari in vigneti. Niente di sorprendente pensando che storicamente le vigne erano gia’ presenti sull’isola dal 16° secolo.
Con la convinzione che la terra intorno fosse la migliore di Venezia e con l’idea di far rinascere il vino tanto apprezzato da Dogi e Casanova, Michel si affida alla competenza tecnica degli amici Lydia e Claude Bourguignon, ingegneri agrari, e Alain Graillot del Crozes Ermitage, agronomo di Romanée Conti in Borgogna (celebre per essere il vino più prezioso al mondo).
Riqualifica i terreni preparandoli con orzo, ravanello, avena e radice cinese, per mantenere il delicato strato superficiale della terra ricco di preziosi elementi.
Recupera un sistema di drenaggio antico sull’isola: questo permette di raccogliere l’acqua piovana entro i canali che passano tra i filari delle vigne e fluisce poi in laguna con la bassa marea attraverso sistemi idraulici di “chiuse”. Ciò permette di evitare il ristagno dell’acqua.
Credendo fortemente in una conduzione biodinamica, Michel decide di non far uso di concime o diserbante, impiegando esclusivamente antichi metodi naturali tradizionali degli agricoltori locali.
Durante la vendemmia manuale le uve vengono maneggiate poco e adagiate lievemente alla cassette; ne consegue che i grappoli sono sani e quindi non è necessario aggiungere troppi antisettici e conservanti. Mi ha sorpreso sapere che l’utilizzo dei solfiti si riduce a meno della metà rispetto ai parametri già restrittivi del vino biologico.
Nel 2006 finalmente venne fatta la prima vendemmia di Orto.

L’accento francese di Michel mi incanta col suo spiegare con animo orgoglioso che -Orto di Venezia- è un vino dalla qualità eccezionali perchè nasce grazie a un territorio unico.
Ma il concetto che lui stesso esprime è molto più complesso. Viene definito terroir ed è il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato: ciò determina il carattere e l’unicità del vino che viene prodotto.
Per Michel tutto si riconduce essenzialmente alla sola terra, che nutre la vite e crea gli aromi che si trasferiscono lo vino. Si riferisce al terreno così particolare, che si trova solo su pochi ettari dell’isola. Infatti “basta muoversi al di la’ della strada e troviamo campi di terra nera non produttiva per le vigne”.
“Questo vino non è frutto della cantina come spesso accade, non lo fa l’enologo” ribadisce.
Ed ecco che sceglie di non avvalersi di questa figura, affidandosi comunque alla consulenza di esperti francesi della Vallée du Rhône, per esempio nella fase di selezione della cuvee. Infatti in base all’andamento annuale, le percentuali impiegate oscillano tra il 60% di Malvasia Istriana, 30% Vermentino e una piccola percentuale di Fiano.
Questi vitigni ben si adattano a questo suolo confinante con la laguna, tanto da essere piantati ‘a piede franco’ (direttamente nel terreno senza innesto di radici di vite americana), sulla sabbia che impedisce la sopravvivenza della fillossera.
La presenza della sabbia non ci deve trarre in inganno pensando a vini particolarmente delicati o poveri di aromi. Nel terreno troviamo infatti anche argilla, residui marini di conchiglie e sedimenti calcarei trasportati dai fiumi che scendono dalle Dolomiti.
Un mix davvero unico e speciale.

Ci spostiamo verso la piccola cantina davvero artigianale, dove percepiamo che la parte legata alla trasformazione del mosto in uva è realmente ben poca cosa: qualche vasca inox (in cui il vino si affina per 9 mesi circa), niente passaggi in legno e invecchiamento per 2 anni in bottiglia. Un vino longevo che possiamo bere anche tra 10 anni.
La produzione si aggira attorno alle 15.000/16.000 bottiglie l’anno che le fa essere molto ricercate.
Davvero uniche le Magnum di Orto che vengono lasciate invecchiare per 5 anni in una cantina ‘naturale’. Le bottiglie vengono affondate in una tradizionale barca veneziana (sandolo), in un punto segreto della Laguna, dove non sono soggette a sbalzi di temperatura, luce e vibrazioni.
Sono in vendita in numero limitato (il 2011 con 360 pezzi) che ne fanno un vino da collezione.
Si possono trovare in alcuni tra i migliori ristoranti al mondo: sono arrivate sulle tavole del Plaza Athenee, ristorante parigino di Alain Ducasse.

Una tavola rotonda e due calici di vino: iniziamo a degustare.
L’annata più recente in commercio è la 2017.
Il colore nel calice è giallo con riflessi dorati che si fa più carico nel 2015
Senza dubbio al naso e in bocca è una esplosione di ‘mineralità’, di sentore iodato e agrumato come il lime e il bergamotto. Perfettamente equilibrato al palato, pur nella sua percepibile salinità.
E’ pura concentrazione ed esaltazione del territorio.
Se lo confrontiamo con l’annata 2015, aumenta la concentrazione al naso e in bocca: la frutta si fa più matura e arrivano leggeri sentori di crema. Aumenta la complessità e rotondità palatale. Degustato alla cieca avrei potuto pensare ad un breve passaggio in legno, ma non è così.
Lunga la persistenza. Lo preferisco.

Orto di Venezia è un vino carico di emozioni e il sorso non stanca mai.
Da portare a casa e farlo anche attendere, per sorseggiarlo evocando la memoria di questi insoliti e speciali luoghi nascosti di Venezia.
Per informazioni:
ORTO DI VENEZIA
via de le Motte, 1 – 30141 Venezia
email orto@ortodivenezia.com
possibilità di comprare vino
visita e degustazione tramite il sito www.ortodivenezia.com






